Sono arrabbiato. Indignato. Disgustato. Dal giorno del rogo di Moria non riesco a pensare ad altro. Mi si torcono le budella. Mi si stringono i pugni. A ogni respiro, una fitta al cuore.
Come può questa essere la realtà dell’Europa nel 2020?
I miei pensieri tornano senza posa ai 3500 bambini che in questo momento dormono sull’asfalto a Lesbo. Non posso neanche immaginare il loro terrore, il senso di precarietà che ammorba le loro giovani anime.
Penso alla neonata della foto. Ha 10 giorni di vita. Negli ultimi 4 giorni ha inalato il fumo dell’incendio, il gas lacrimogeno della polizia e ha dormito per strada, senza neanche una tenda a proteggerla. Vomita, la notte. Ha bisogno di cure mediche.
Come possiamo dormire tranquilli se lasciamo i bebè, gli anziani e i malati per strada? Dov’è l’Unione Europea?
Queste persone hanno visto la morte in Siria, in Afghanistan, in Congo. Hanno compiuto viaggi pericolosissimi, nel deserto, tra le montagne, per mare. Li hanno discriminati, perseguitati, cacciati. Finalmente sono arrivati in Europa, ma solo per scoprire che il sogno che li teneva in vita non era altro che una menzogna. Una sporca, ben calcolata menzogna.
No, nessuno di noi può immaginare come si sentano. O il fardello che porteranno con sé per tutta la vita. Nessuno può immaginare il furto dell’infanzia, della sicurezza, della dignità che stanno subendo.
Poi penso alla famiglia della seconda foto. L’assoluto, straziante orrore che si legge sui loro volti. Ti entra dentro, non se ne va. Dormivano mentre gli altri profughi protestavano vicino a loro. Sono stati svegliati dal gas lacrimogeno che la polizia ha scagliato loro addosso.
Cos’hanno fatto per meritare questo dolore? Non sono forse esseri umani, proprio come noi? E noi non siamo forse tali e quali a loro, con l’unica, sfrenata fortuna di essere nati dalla parte giusta del mondo?
Guarda i loro occhi e dimmi se non li rivedrai, stanotte, mentre attendi il sonno, invano. Dimmi se non sentirai le loro urla risuonarti nelle orecchie. Io senza dubbio le sentirò.
Scrivo, come sempre, per liberarmi. Per rigurgitare il disgusto che mi cresce dentro. Per impedire che l’indifferenza dei governi, dell’UE, dell’ONU faccia di me l’ennesimo cinico. Non glielo permetterò. Se glielo lascio fare, allora vincono.
E quindi faccio ciò che di più sovversivo si possa fare davanti a immagini così: resto umano. Mi emoziono. Mi arrabbio. Agisco. Restiamo umani, è tutto ciò che abbiamo. Dopo due anni su queste isole, ora mi trovo lontano dalla Grecia. Sono a Nairobi, in Kenya. Sto lavorando giorno e notte per aprire la nostra quarta Scuola, creare un porto sicuro per bambini in difficoltà, proprio come abbiamo fatto in Grecia due anni fa.
Anche qui i bambini dormono per strada. Soli. Orfani. Alcuni si drogano per dimenticare la fame, il freddo, gli abusi. Ma qui è diverso. Il Kenya è molto più povero. Fino a poche decadi fa, era ancora una colonia, e dei secoli di schiavitù si vedono ancora le cicatrici. E soprattutto, il Kenya non ha l’Unione più abbiente del mondo alle spalle. Qual è la nostra scusa?
Vivo e lavoro nel mondo da oltre sette anni ormai, è vero. Ma sono sempre italiano. Sono ancora europeo. E questo per me è totalmente inaccettabile. Non nella mia Terra. Non sotto i miei occhi. Non a mio nome.
Per il quarto giorno di fila, chiamo tutti a raccolta. Continuiamo a esercitare pressione sui vertici europei. Nei commenti riporto gli indirizzi email di chi è incaricato di risolvere questa catastrofe, ma ancora una volta non sta facendo nulla.
Invia un’email chiedendo l’evacuazione di tutti gli hotspot e una vera, immediata, urgente riforma delle politiche europee sull’immigrazione, ora.
L’opinione pubblica è importante. Ai politici interessa solo essere rieletti. Vogliono farci credere che siamo dei burattini nelle loro mani, ma è solo un’altra delle loro menzogne. I burattini sono loro. E siamo noi a scegliere.
E se continuano a non fare niente, colpiamoli dove fa male: nei voti.
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