TURCHIA: Dopo tre anni di tentativi, trasferiamo il progetto in un nuovo Paese. La sconfitta in Turchia ha reso le nostre scuole in Siria, Kenya e Congo dei grandi successi.
Il 16 marzo 2020 abbiamo aperto i battenti della nostra scuola a Gaziantep, in Turchia. Pochi giorni dopo il Paese è andato in lockdown per contrastare la proliferazione del COVID-19. Oggi, dopo due anni dalla prima e unica apertura del progetto, accettiamo la sconfitta e guardiamo al futuro trasferendo la totalità delle risorse e dei fondi raccolti finora verso una nuova scuola.
Nel 2018 abbiamo aperto la nostra prima scuola a Samos, in Grecia. L’abbiamo fatto per necessità. I bambini migranti che vivevano nell’hotspot dell’isola non avevano accesso alla scuola pubblica e non c’era nessun’altra organizzazione che provvedesse alla loro educazione, alla loro protezione e alla difesa dei loro diritti umani.
Insieme agli studenti sono arrivati anche i loro racconti. “Queste magliette le cucivo io in Turchia”, ci disse uno studente davanti alla vetrina di un negozio. “Sono arrivato in Turchia a 12 anni, e tutti noi lavoravamo in un’azienda tessile. Dodici ore al giorno piegati sulla macchina da cucire. Non tornerò mai a quella vita”.
Guardavamo questi ragazzi, costretti alla migrazione, bloccati in un campo profughi, su una remota isola greca, senza alcun rispetto della loro dignità e con prospettive future incerte, e per mesi ci siamo chiesti: “Cosa possiamo fare noi per evitare a bambini come loro il trauma del barcone e dell’umiliazione che vivono giornalmente negli hotspot greci?”
La risposta è arrivata spontanea: aprire una scuola, in Turchia, in grado di rilasciare il diploma più riconosciuto al mondo, così da ripristinare il loro diritto inalienabile alla libertà.
L’8 ottobre 2019 abbiamo dato il via alla missione turca. A Istanbul abbiamo ingaggiato uno degli studi legali più quotati e, seguendo il loro consiglio, abbiamo contattato il municipio per presentare il nostro progetto. Il sindaco in persona, accogliendoci con tutti gli onori, ci ha offerto il suo pieno sostegno per la realizzazione della scuola. Nei mesi successivi, tuttavia, la municipalità ha rivelato i suoi veri interessi, dapprima proponendoci l’uso gratuito di uno dei loro edifici, ma solo per caldeggiare l’ingaggio di una compagnia edile di loro fiducia, imporci l’assunzione di personale e addirittura l’iscrizione di studenti scelti da loro. Davanti ai nostri ripetuti rifiuti, sono ricorsi a minacce di vario tipo, dall’inviare la polizia a bloccare i lavori di ristrutturazione della scuola, al rifiutarci i permessi, all’imposizione di una collaborazione forzata.
Non lo sapevamo all’epoca, ma ci trovavamo davanti alla decisione più cruciale della storia di Still I Rise. Da una parte, avremmo potuto cedere, accettare la loro offerta, incassare un finanziamento importante, raggiungere l’obiettivo senza più incontrare ostacoli e svendere il nostro progetto a quella che si può solo definire una mafia statale. In alternativa, avremmo dovuto ammettere la sconfitta e ricominciare da zero. Avremmo potuto scegliere di collaborare con loro. Tutto sarebbe stato più facile. Ma non l’abbiamo fatto. È stata la decisione più difficile di sempre per noi, ma è stata la migliore che potessimo fare, e ha fatto la differenza.
Il 3 gennaio 2020, per preservare i nostri valori più essenziali, e con essi i fondi dei donatori, abbiamo spostato il progetto dall’altro capo del Paese, a Gaziantep, sul confine siriano. Qui abbiamo ricominciato tutto dall’inizio, dallo studio del contesto alla costruzione della rete per le collaborazioni alla ricerca dell’edificio. Il 4 febbraio abbiamo firmato il contratto d’affitto di un nuovo edificio da trasformare in scuola internazionale. Il 28 febbraio abbiamo stretto una partnership con Bonyan, un’organizzazione umanitaria turco-siriana che ci avrebbe affiancato nelle prime fasi dell’implementazione del progetto. E, finalmente, il 16 marzo abbiamo aperto i battenti di Beraber, la nostra scuola in Turchia. È stato un giorno indimenticabile.
Una settimana più tardi è arrivato il lockdown, e il mondo intero si è fermato.
È proprio a causa della chiusura forzata che abbiamo reindirizzato le nostre attenzioni dove ancora il nostro intervento potesse fare la differenza: il 28 agosto 2020 abbiamo aperto Ma’an, la nostra prima scuola nella Siria nordoccidentale, e il 4 gennaio 2021 Still I Rise International School - Nairobi, in Kenya, la prima scuola internazionale per bambini profughi al mondo.
Nel mentre, tra agosto e novembre ottobre 2020, una nuova delegazione di Still I Rise si è recata a Gaziantep per tentare di riaprire la scuola. Avevamo già assunto un preside e ingaggiato l’intero corpo docenti quando il governo turco, ancora una volta, ha ordinato la chiusura delle scuole, per contenere la seconda ondata della pandemia.
Tra il 2021 e il 2022, abbiamo continuato a tentare la riapertura, senza mai perdere la speranza, anche davanti a sinistre opposizioni. Quando ci siamo recati presso il Ministero dell’Educazione per richiedere i permessi necessari alla riapertura, l’ufficiale incaricato ci ha chiesto una tangente. Davanti al nostro rifiuto, ha dichiarato che non ci avrebbero mai permesso di riaprire. Così abbiamo ingaggiato uno dei più grandi esperti di cooperazione internazionale in Turchia, nella speranza di superare l’impasse. Insieme a lui, abbiamo contattato più di venti tra i migliori studi legali in tutto il Paese, al fine di trovare una via legittima di superare la corruzione dilagante e raggiungere l’obiettivo. Eppure, nonostante tutti i nostri sforzi, il Ministero dell’Educazione non ha mai rilasciato i permessi che avevamo richiesto, relegando la nostra candidatura in un limbo burocratico senza fine. Infine, a maggio 2022, abbiamo ingaggiato un ultimo team di avvocati, stavolta su consiglio diretto dell’Ambasciatore Italiano in Turchia. A luglio 2022, lo studio legale dell’Ambasciata Italiana ha prodotto la nota legale che ha suggellato l’epilogo dei nostri sforzi, del nostro combattere, del nostro sperare: aprire una scuola internazionale in grado di offrire il percorso del Baccalaureato Internazionale sarebbe stato impossibile, a meno che non fossimo stati disposti a scendere a inaccettabili compromessi.
E così, a settembre 2022, tre lunghi anni dopo la nascita di questo sogno incredibile, dobbiamo accettare la sconfitta, e ammettere il fallimento. Abbiamo fallito in Turchia, ma senza questo fallimento non avremmo mai potuto raggiungere i successi che hanno fatto di noi un’organizzazione conosciuta nel mondo. Ed è questa la verità più grande che abbiamo appreso negli ultimi tre anni: la sconfitta non è l’opposto della vittoria. Ne è parte integrante.
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